lunedì 12 novembre 2007

Infilo la mia divisa, arrivo, entro in sede saluto tutti oramai è la mia seconda casa, mi siedo, parlo con i miei compagni d'avventura, guardo la tv. Una sera come le altre?! Chissà le ore passano, il telefono non squilla, anche la radio tace, non escono neanche le altre associazioni, siamo tutti rilassati, forse riusciamo a non uscire. No, il telefono squilla, è la linea della centrale ecco dobbiamo uscire. Il cuore inizia a palpitare, la testa inizia ad organizzare le idee, ma un emozione mi assale, chissà cos'è farò tutto bene? Codice rosso, sali in ambulanza, infili i guanti, oramai la sirena non assorda più il cervello, non ci faccio più caso. Ripasso mentalmente cosa fare per quella determinata situazione. Pericolo scampato l'incidente, non sai mai cosa ti aspetta, per me rimane l'urgenza più complicata e difficile.
La sirena smette di fischiare prendiamo l'attrezzatura. Varco la soglia di casa, odori, profumi, uno spezzato di vita di una famiglia come altre, ma dove devo andare? gli occhi ti guardano smarriti, preoccupati chiedono di fare il meglio, il possibile. Ecco il paziente, il dottore inizia la sua indagine, io ascolto, il cuore mi batte e penso cosa possa servire, cosa nel frattempo posso, insieme alla mia squadra, preparare, organizzare. Il caldo si fa sentire, ma non hai tempo per toglierti la giacca, ecco elettrocardiogamma, ossigeno, agocannula, flebo, siringa il medicinale. Tutta la squadra ha il suo ruolo. Pronti il paziente è stabilizzato, adesso però va portato al pronto soccorso. I visi un pò smarriti, un pò sollevati, gesti impacciati come di chi non sa cosa deve fare. Gli occhi della figlia rossi dal pianto, un pò isterica. Io vorrei rassicurarla, ma non ho tempo, incrocio il suo sgurado e provo a farle un sorriso, vorrei trasmetterle positività. Pronti siamo di nuovo in ambulanza, partiti la sirena inizia a suonare. Il cuore mi batte forte, adesso mi viene l'angoscia. Guardo i gesti del dottore, guardo il paziente, ho sempre paura che la situazione possa precipitare, è quasi un peso andare al pronto soccorso. Speriamo bene. In un lampo siamo al pronto soccorso. Tutto è andato bene, ultimo sforzo, portarlo nella stanza n. 3. Auguro buone cose al paziente (mi dico che sono stupida, ma in fin dei conti sono umana e sensibile) sflilo i miei guanti, li getto con un gesto quasi liberatorio, un respiro di aria fresca, relax. Rientriamo ma so che in ogni attimo potrebbe di nuovo squillare il telefono e sono pronta per una nuova emergenza.

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